Per chi ha una formazione musicale e un lungo percorso di ascolto, il fenomeno della percezione del significato in musica è talmente complesso che non dovrebbe essere possibile ridurlo a schemi funzionali, è via impraticabile nella realtà se non snaturando il fenomeno in una semplificazione che alla fine ne annulla la validità. Ne sono esempio i molti tentativi di deciderne il senso in modo unilaterale con l’approccio frequenziale, quello dell’analisi musicale, della teoria degli intervalli e delle ottave, dell’analogia con i corpi celesti (musica delle sfere), e molti altri.

Nella mia pratica di trattamento del piede rimane sempre importante affinare la sensibilità di ascolto, dei segnali del corpo come dei segnali della musica che si è ascoltata nel corso della vita, in modo da aumentare la trasduzione dell’acustico (dell’ascoltato come “repertorio”) in tattile.
Nei trattamenti può così avvenire la sinestesia audio-tattile: repertori di ascolto vengono diramati in segnali tattili orientati all’equilibrio, con il dialogo polifonico dei segnali che arrivano dal piede. Nella pratica divengono a loro volta un repertorio di ascolto.
Tutto ciò che si è ascoltato parla le metafonie in cui si perde l’importanza di sé, abitua a tralasciare ogni intervento, a farsi da parte: questo apre uno spazio di ascolto vuoto.

Come nella musica polifonica, il discorso è dialogico: più voci si rispondono, propongono nuovi argomenti, variano tematiche già ascoltate, approfondiscono e indagano, i temi ritornano. La direzione di senso non è precostituita, ma si genera dallo scambio fra le linee melodiche.

funambolo in bicicletta
Come nella musica, il trattamento si svolge nel tempo: la percezione delle correnti di energia che provengono dal piede disegna un’immagine mutevole, l’operatore non deve limitarsi a intuire i vuoti e i pieni e mettere in equilibrio, deve avere il senso della direzione che muove il ricevente nella sua vita. L’equilibrio del bilanciere del funambolo, che in bicicletta pedala sulla fune tesa sull’abisso, ha valore solo se preso insieme alla direzione del movimento.

La consapevolezza del movimento di vita fa ascoltare una dissonanza (squilibrio energetico) non come un’icona fissa da correggere, ma come un momento di senso che va seguito nel suo risolversi in consonanza, come nell’ascolto musicale. Movimento e musica possiedono una struttura profonda che li accomuna, determinata da avvicinamenti e allontanamenti dalla forza di gravità della terra (per il movimento) e da quella dell’attrazione tonale (per la musica).

Essendo il ricevente un processo vitale cui il maggiore danno può venire dal cessare del movimento, o dal suo girare in circolo su sé stesso, non si tratta di agire su un suo squilibrio correggendolo per disperdere o tonificare, ma di intuire il movimento da cui proviene una dissonanza, e di accompagnare la tensione verso l’atterraggio in un tono che è un nuovo passo nella direzione dell’incontro con sé, seguendo le leggi della natura e del proprio destino.

Si tratta di cose molto concrete, valgono anche in introspezione. Per fare un esempio, in questo periodo ho solo due chakra in equilibrio: il secondo e il settimo, che è molto attivo. So che questo quadro dipende dalla mia ultima fase di ricerca che si è appena conclusa, nella quale ho dovuto spingermi verso l’alto in una tensione intensa di esperienza di connessione, sul piano divino. Conclusa questa esperienza con piena realizzazione, si vive poi un momento di squilibrio necessario che non va corretto, ma compreso nella sua causa e sostenuto nel movimento verso un nuovo stato dinamico di armonia delle parti, in sintonia con il proprio essere, senza forzare in alcun modo con l’intervento della mente che propone di continuo suggerimenti, regole, ipotesi, mai allineati alla natura e alla vita. E’ uno stato di coscienza simile alla negative capability descritta dal poeta John Keats, con le metafore del peso del mistero e della camera del pensiero infantile: la capacità di rimanere in relazione col mutamento, col divenire.

In questo scenario, la pratica di ascolto della musica è uno strumento formidabile per affinare l’intuito nell’ascolto del piede nel suo trattamento: lo svolgersi stesso del linguaggio musicale nel corso di secoli di produzione – nell’ambito della musica colta occidentale – è un processo dinamico che esplora l’animo umano, gli affetti, i sentimenti, le emozioni, gli stati d’animo, il loro succedersi e trasmutarsi uno nell’altro, utile a rivelare l’interiorità. L’andamento di una composizione musicale disegna una linea di percorso che costituisce un discorso. L’ordine del discorso ha una sintassi, un lessico, una direzione di senso.

La vera azione risanatrice, che prima di tutto proviene dal ricevente stesso, è il risultato di attenzione/intenzione al piede. “Attenzione” è qui sinonimo di concentrazione nell’ascolto. Ciò che si suona (il piede, con le mani) si ascolta con l’udito tattile e visivo che si affina col praticare. L’immediatezza istantanea dell’intuizione del fare sul piede è condizione stessa della sua autenticità come relazione di cura.
Qualsiasi secondario intervento calcolante, descrittivo, volontaristico dell’operatore, tradisce e limita la connessione con le dimensioni da cui trae linfa il sintomo per alludere al racconto di sé che il ricevente pone al proprio ascolto, come attenzione a sé nell’intenzione di riconoscersi.

E avviene come nella comprensione di un’interpretazione musicale, che l’interprete riconosca la trascendenza della fonte come testo (partitura) nell’ascolto che consente al pubblico.
La trascendenza è nell’ascolto: così come in un trattamento ai piedi essa avviene nel riconoscimento di sé da parte del ricevente, l’ascolto della propria melodia è l’identità stessa della sua salute.

Il piede si manifesta ogni volta con il fascino di una visione nuova: cade la mente condizionata e l’esperienza degli altri piedi già indagati sostiene la capacità di ascolto e comprensione delle mani, ma senza prevaricare la scoperta delle sottigliezze del disegno che il discorso del trattamento fa emergere.

Per la mia personale esperienza, decenni di ascolto introiettivo immobile di una grande massa di produzione musicale, nell’intreccio con le esperienze della vita, e la sua liberazione nel movimento del corpo in molti anni di danza col tango d’abbraccio argentino (le cui musiche scritte da compositori argentini di origine italiana sono un distillato semplificato dell’Opera in musica), mi hanno donato il sesto senso che rende udibile la musica dei piedi, e che traduce in danza il movimento delle mie mani, le quali in risposta suonano il piede come se fosse uno strumento musicale, con accenti che fanno da specchio al sentire del ricevente e ne liberano le energie riparatrici.
I trattamenti di riflessologia plantare musicale “accordano” e “suonano” il piede e la sua energia, proprio come si accorda e suona uno strumento musicale.




Roberto Ellero
Operatore olistico di riflessologia plantare taoista musicale. L'esperienza di vita è unica, individuale. Ma d'altra parte si usa parlare di metodi di riflessologia plantare. Per praticità, definisco il mio rapporto col piede come metodo di riflessologia plantare musicale. Coincide col mio dharma. Esso deriva dall’integrazione interiore alchemica di vari strumenti di indagine, con cui ho ampliato la mia coscienza e sensibilità, ne riporto alcuni: la pratica esecutiva e di ascolto nella musica colta occidentale, studi letterari e filosofici, l’utilizzo autoriale del Web e della multimedialità per approfondire le sinestesie, la pratica del tango argentino, la pratica devozionale tantrica di mano destra Guru Yoga nel buddhismo tibetano Karma Kagyu, la pratica tantrica di mano sinistra del trattamento taoista del piede. E' un metodo, ma funziona solo con le mie mani.