«Coloro che dicono che prima si muore e poi si risorge, si sbagliano. Se non si riceve prima la resurrezione, mentre si è vivi, quando si muore non si riceverà nulla.» (Vangelo di Filippo, 90a)
Mi chiamo Roberto Ellero, sono un operatore olistico di riflessologia plantare musicale, vivo sui colli Berici in Val Liona nel Basso Vicentino (a pochi chilometri da Noventa Vicentina e Lonigo, in provincia di Vicenza, e alla stessa distanza da Verona, da Vicenza e da Padova).
Per contattarmi: 3480108848, anche WhatsApp, email roberto@daipiedialcielo.it.
La mia ricerca interiore indaga da sempre la natura musicale del mondo e, nel microcosmo, del piede. La mia ricerca nel trattamento olistico del piede è in continua evoluzione attraverso lo studio e soprattutto la pratica, nell’analogia del piede come strumento musicale e nel trattamento musicale del piede che deriva dal mio percorso, il quale origina nello studio della musica colta occidentale da musicista.
Il mio metodo di riflessologia plantare musicale deriva dall’elaborazione interiore alchemica di vari strumenti di indagine, con cui ho ampliato la mia coscienza e sensibilità, ne riporto alcuni: la pratica esecutiva e di ascolto nella musica colta occidentale, studi musicali, letterari e filosofici (compiuti con laurea in Lettere e diploma di Conservatorio in violino a Venezia), l’utilizzo autoriale del Web e della multimedialità per approfondire le sinestesie, la pratica decennale del tango argentino, la pratica devozionale tantrica di mano destra Guru Yoga nel buddhismo tibetano Karma Kagyu, la pratica tantrica di mano sinistra del trattamento taoista del piede.
Mi chiedono spesso come io sia arrivato alla riflessologia plantare, e per quali motivi sia la mia ricerca. La risposta è qui di seguito in questa pagina.
Nella mia vita, prima di poter arrivare al trattamento olistico dei piedi ho dovuto eliminare tutto quello che non serve. Per farlo ho percorso diverse strade in modo approfondito e questo mi ha impegnato per molti anni. Obiettivo della mia ricerca è sempre stato il tentativo di individuare un varco metafisico, per poter andare oltre gli aspetti immediatamente sensibili e meccanici di apparenza, nel mondo e nelle relazioni sociali.
Il primo tentativo mi ha impegnato dai 20 ai 30 anni, con studi letterari, filosofici e musicali (compiuti con laurea in Lettere e diploma di Conservatorio in violino a Venezia). In questo primo percorso ho elaborato un’idea, espressa in forma di saggio poi pubblicato, in grado di individuare un’apertura metafisica fondata sulla metafisica del suono, che ho sviluppato attraverso la sensibilità acquisita in particolare con la pratica musicale, suonando il violino, iniziata all’età di otto anni e finita a 30. L’idea la continuo ad approfondire nel corso della mia vita, alla luce di varie esperienze di cui per alcune fornisco ragguagli qui a seguire.
Il limite di questo primo percorso è di essere basato – nella sua comunicazione – sulla razionalità, sulla ragione; questo consente di comunicare l’idea ma è scarsamente efficace sul piano dell’esperienza, anche intersoggettiva, di ciò che vi viene descritto: si tratta insomma di una via intellettuale che non convince sul piano dell’esperienza.
Il secondo periodo di ricerca mi ha impegnato dai 30 ai 45 anni ed è stato condotto attraverso la connessione con il mondo naturale, animali e piante, in una forma che potremmo dire “sciamanica”, mistica. Il limite di questa seconda strada sta nel fatto che si tratta di un percorso esclusivamente personale e non comunicabile, non razionale, in grado di essere profondo per l’esperienza diretta della dimensione non ordinaria di sentire e di relazionarsi fattivamente col mondo, ma inservibile sul piano della comunicazione ordinaria sociale.
Un altro grande limite di entrambi questi due primi percorsi è dato dall’assenza totale del contatto fra i corpi. La via intellettuale e la via della lettura dei segni naturali prescindono infatti dalla connessione con altri corpi, dove i corpi non sono intesi in senso meccanicistico ma in senso energetico.
Per motivi di ricerca e professionali in ambito informatico-Web, dai 35 ai 45 anni ho inoltre approfondito il rapporto uomo-macchina. Questa esperienza mi consente di essere pienamente consapevole di come il rapporto con le macchine impoverisca l’emotività, l’affettività e il sentire, a lungo andare, riducendo le persone a “pezzi di legno”, a configurarsi esse stesse come macchine, e per contrasto di essere pienamente consapevole dell’importanza per la salute dello scambio energetico fra organismi viventi, sperimentato a partire dal 2010 in molti anni di studio e pratica del tango argentino d’abbraccio, come personale percorso di riabilitazione all’integrità di persona: in questo ballo di coppia sono in primo piano la connessione e lo scambio energetico che derivano dalla dinamica dei corpi abbracciati, e dal condiviso sentire nell’ascolto musicale tradotto in traiettorie spaziali.
Dal 2010 al 2016 ho compiuto l’Opera al nero (Nigredo) di alchimia interiore (lavoro sull’ombra, sulle ferite), essenziale per poter effettuare i trattamenti olistici energetici come canale trasparente.
Nel 2015 ho incontrato il lignaggio Karma Kagyu del Buddhismo tibetano, presso cui ho preso rifugio. All’interno di questa tradizione ho potuto mettere in equilibrio nella Via di mezzo i due estremi dell’eternalismo e del nichilismo, che costituiscono i limiti del pensiero occidentale, e praticare tecniche di meditazione di mano destra, che successivamente avrei accordato alla via di mano sinistra taoista, unendo gli aspetti astratti di visualizzazione all’approccio fisico di contatto dei corpi.
Preparato nella consapevolezza dei limiti della strada razionale, di quella non razionale e della logica meccanica nelle relazioni, e nella consapevolezza dell’importanza della connessione con la Natura e del contatto fra organismi viventi per una vita equilibrata, l’incontro con il metodo An Zhong Shu (On Zon Su in cantonese) mi si è rivelato come pratica taoista di trattamento del piede.
L’aspetto rivoluzionario di questa pratica è che consente di partire dalla realtà anziché dalla sua descrizione.
Anche se può sembrare cosa facile, l’approccio empirico del toccare la realtà con le mani, utilizzando mappe che guidano nell’esperienza del piede-microcosmo rispetto al corpo-macrocosmo e rispetto al mondo naturale, richiede un cambio di prospettiva che rappresenta – forse almeno nei primi tempi – la parte più ardua della pratica non verbale.
Si è così abituati a descrivere le cose invece di sperimentarle, di dare primo piano alle metafore, alle figure retoriche e ai simboli descritti con parole rispetto alla realtà cui queste tecniche del linguaggio si riferiscono, che fare l’esperienza immediata del piede attraverso il contatto delle mani spiazza, e costringe a rivedere l’abituale priorità data alla descrizione mentale delle cose, spostando l’attenzione sul piano pressoché sconosciuto del contatto diretto con le cose e con l’abissale profondità del reale e della vita, con la sola mediazione delle proprie mani. Si guadagna anche nell’atteggiamento, che da arrogante diventa umile.
In questo modo, fare e ricevere trattamenti energetici ai piedi è una pratica trasformativa, evolutiva, di conoscenza di sé, soggettiva ma anche comunicata nel reciproco riequilibrio di energia che avviene fra operatore e ricevente. Il varco metafisico finalmente si incontra in forma di esperienza, fra la terra e il cielo, fra i piedi e le mani.
La pienezza con cui nel trattamento dei piedi si vivono in prima persona quelle idee orientali (opposti complementari, le diverse descrizioni delle energie, mutamento, …) od occidentali (le parole della filosofia: Essere, Nulla, Physis, Divenire, …) che per lo più si incontrano in forma libresca, intellettuale, riequilibra il rapporto mente-corpo e ha già di per sé una grande forza terapeutica per l’operatore.
Il primo grande beneficio che ho ricevuto dalla pratica è stato il radicamento. Essendo troppo “di testa”, come la gran parte delle persone nel nostro mondo, tentavo il cielo come un albero sradicato, pertanto in modo inadeguato: volteggiavo come un palloncino pieno di elio.
Radicamento, centratura, calma, sono i primi effetti che ho sperimentato. Per avere un risultato stabile, serve praticare il più possibile, e costantemente negli anni. Da qui viene il valore di pratica meditativa che riporta alla realtà e ai ritmi naturali della vita e alla connessione con sé stessi le persone abituate a scambiare per veri i guizzi da saltimbanco della mente, che come noto è un potente simulatore.
Il secondo beneficio, conseguenza di essere riportati con i piedi per terra, è l’eliminazione di ogni precomprensione arrogante di come stiano le cose, nel corpo, nelle persone e nel mondo: la parola “dipende” è la regola nel modo empirico di esplorare il piede e i suoi racconti.
Lo spirito umile e di servizio elimina alla radice ogni volontà personale di essere guaritori o sapienti, e pone di fronte alla bellezza della natura del piede nella giusta posizione di concentrazione, centratura e ascolto, senza pretese di sapere già, prima di sentire con il tatto la vista e l’olfatto. La centratura e la trasparenza della posizione da cui agisce l’operatore sono fondamentali, ma nulla a lui viene delegato per il manifestarsi di un cambiamento stabile, che porta a un’armonica configurazione: gli input della pratica conferiscono all’organismo del ricevente stimoli utili ad attuare il cambiamento verso un nuovo equilibrio. La loro forza di trasformazione dovrà essere vissuta con consapevolezza dal ricevente nel corso del ciclo di trattamenti: potrà accoglierla od ostacolarla nella libertà del suo essere.
In questo modo la pratica libera il potenziale di autoguarigione del ricevente, e dà senso al personale cammino di vita dell’operatore, in quanto presenza.
Il terzo beneficio è di avere la possibilità io stesso come operatore di riequilibrarmi e di ricaricarmi, per il fatto che si utilizzano tutte le dita della mano, anziché solo i pollici. A ogni dito corrisponde l’energia di uno dei cinque elementi: acqua, legno, fuoco, terra, metallo, collegati ai cinque organi: reni, fegato, cuore, apparato digerente, polmoni. Questa caratteristica, assieme all’utilizzo di molte mappe invece di usare sempre meccanicamente la stessa, allarga gli orizzonti fino a estendere i confini del massaggio del piede così come Eraclito descrive i confini dell’anima: «I confini dell’anima, andando, non li troverai, neanche se percorrerai tutta la strada; così profondo è il logos che le appartiene» (frammento 45).
L’insegnamento che viene dalla pratica, in particolare nei cicli di trattamenti, è multiforme: si dirama dagli aspetti fisici a quelli più sottili, energetici ed emozionali, fa sperimentare l’interdipendenza ed essenziale unità di corpo, respiro e mente.
L’ascolto delle reazioni fisiche ed emotive del ricevente silenzia la produzione di congetture mentali e costringe all’osservazione senza distrazioni del contatto fra il dito e il piede: forza della pressione, movimento, ritmo del movimento e angolo di pressione costituiscono una freccia puntata costantemente sul percorso del trattamento. La centratura sul punto di contatto della freccia col piano della sequenza di manovre induce uno stato meditativo di grande beneficio per l’operatore.
La motivazione viene dalla responsabilità di essere in connessione con una persona che si affida alle nostre mani per riaccordare la circolazione delle energie.
La mia ricerca interiore indaga da sempre la natura musicale del mondo e, nel microcosmo, del piede. La mia personale ricerca nella riflessologia plantare è in continua evoluzione attraverso lo studio e soprattutto la pratica, sempre nell’analogia del piede come strumento musicale e nel trattamento musicale del piede che deriva dal mio percorso, il quale origina nello studio della musica colta occidentale da musicista.