Pubblico alcune brevi accenni favolistici per indicare come dietro le tecniche e le competenze vi sia nell’operatore un’interiorità che si realizza in un percorso di vita.
Era un uomo dai tratti delicati, con un paio d’occhi che parevano due pozzi d’inchiostro, capaci di scrutare l’anima. Lo chiamavano il contattista dei piedi, un appellativo che racchiudeva in sé un’intera filosofia di vita. La sua storia era segnata da un’infanzia solitaria, costellata da assenze e silenzi. Abbandonato precocemente, aveva trovato rifugio nei libri e nella natura. Era stato nei sentieri tortuosi di un bosco che aveva scoperto il segreto dei piedi: aveva notato come ogni foglia, ogni sasso, ogni radice, lasciassero un’impronta diversa sulla sua pelle. E in quella varietà di sensazioni aveva iniziato a percepire un linguaggio, un codice nascosto.
In una terribile esperienza di abbandono, si ricordava di aver sentito un freddo intenso, non solo ai piedi, ma dentro di sé. In quel momento di solitudine, aveva iniziato a massaggiarsi i piedi, cercando un po’ di conforto. E fu proprio allora che accadde qualcosa di straordinario.
Sentì una voce, dolce e rassicurante, che gli parlava attraverso i piedi. Era una voce antica, saggia, che gli raccontava storie di mondi lontani e di creature fantastiche. Erano storie che lo facevano sentire meno solo, meno abbandonato. In quel momento, il bambino capì che i piedi non erano solo una parte del corpo, ma un portale che si apriva su un mondo invisibile, un mondo soprannaturale di emozioni e di ricordi.
Durante la sua infanzia solitaria, scoprì un antico libro nascosto nella biblioteca del suo borgo: il Liber pedum. Un antico codice miniato di magia dei piedi. Un libro che parlava di un’antica arte, quella di leggere l’anima attraverso i piedi. All’interno del libro, vi erano delle frasi magiche, dei mantra che – pronunciati mentre si massaggiavano i piedi – amplificavano la capacità di percepire le emozioni e le storie nascoste.
Da adulto, aveva fatto di quelle scoperte la sua professione. Nel suo piccolo studio immerso nella natura, avvolto in una penombra soffusa, riceveva persone di ogni età e condizione. Con mani esperte, massaggiava i loro piedi, leggendo in ogni callosità, in ogni tensione muscolare, in ogni vibrazione sottile una storia, un’emozione, un desiderio. La deprivazione sofferta nel contatto durante l’infanzia aveva esasperato la sensibilità del tocco, divenuto facoltà risanatrice per sconfiggere tutte le solitudini, consapevoli e inconsapevoli.
C’era la giovane donna, dal piede affilato come una lama, che nascondeva un’anima ferita da un amore non corrisposto. C’era l’artista, dai piedi freddi e umidi, come la tela bianca che spesso lasciava incompiuta. Le sue dita, toccando il suolo, sembravano cercare un’ispirazione che sfuggiva. C’era la donna anziana, dai piedi rugosi come la corteccia di un albero secolare. Nei suoi passi lenti e sicuri risiedeva una saggezza antica, una storia che solo i piedi potevano raccontare…
Per ognuno di loro, il contattista dei piedi era più di un semplice terapista. Era un confidente, un guaritore delle anime. Attraverso il contatto delle mani con i piedi, riusciva a far emergere le paure più profonde e i desideri e le gioie più nascoste. E con la sua voce, dolce e rassicurante come una ninna nanna, li accompagnava in un viaggio alla scoperta di sé stessi.
Un giorno, una donna anziana varcò la soglia del suo studio. Aveva i piedi piccoli e deformi, segnati da una vita di fatiche. Mentre il contattista li massaggiava, le raccontò di un amore perduto in gioventù, di un sogno infranto, di un rimpianto che l’aveva accompagnata per tutta la vita. Quando finì, la donna aprì gli occhi e sorrise. “Grazie”, sussurrò. “Grazie per avermi ascoltato”. Il contattista le sorrise a sua volta. “Non sono stato io ad ascoltarti”, rispose. “Sono stati i tuoi piedi”. E in quel momento, mentre osservava la donna allontanarsi, il contattista dei piedi si sentì immensamente felice. Aveva trovato il suo posto nel mondo, aveva dato un senso alla sua vita. E sapeva che, finché ci sarebbero stati piedi da massaggiare, storie da ascoltare, emozioni da condividere, lui sarebbe stato lì, pronto a entrare in contatto con l’anima delle persone.