Appunti per un approccio uditivo al piede, per ritrovare il proprio centro.
Perché ho scelto l’ascolto del piede, anziché la sua lettura, osservazione visiva e manipolazione trainata dalla vista?

Il mio approccio al piede, nei miei trattamenti di riflessologia plantare, è prima di tutto uditivo: ne ascolto le frequenze, la musica, che coessenziale mi informa del campo del ricevente il trattamento. L’ascolto avviene per via tattile, grazie al sentire delle mie mani, sesto senso che ho acquisito col mio personale percorso interiore di resa corporea (incarnazione) della materia musicale. Uso la vista solo in sporadici momenti in cui l’interesse passa da meditativo a contemplativo.

L’approccio sinestesico alla persona è parallelo all’ascolto semitico della Parola: nell’Antico Testamento l’ascolto è la via alla conoscenza di Dio. L’ascolto della Parola è acustico. Del resto nella tradizione islamica l’immagine non è ammessa in quanto sollecita il politeismo delle versioni, l’adorazione di idoli.

Sul versante olfattivo, è Eraclito a proporre lo sconcertante messaggio di un dio che si espone attraverso le fragranze sprigionate dal fuoco: le cose del mondo sono i profumi di dio (frammento 67). Quello odoroso è un contatto esistenziale immediato, primordiale, un ritorno alle origini in cui non c’era distinzione fra la cosa sentita e il sentire. E c’è un legame fra il culto di Venere Afrodite e il fragrante mondo degli aromi: un legame con i profumi e gli aromi è palese per lo stesso potere afrodisiaco delle essenze profumate, per la capacità intrinseca nei buoni odori di condurre a sé l’amato.

Il mondo nella sua creatività multiforme è emanazione di odori: è un’onda e una vibrazione, respiro, espirazione, essudazione, soffio, come di un flauto l’espressione di suoni. Per secoli, nelle stanze imperiali e negli edifici di culto i profumi e la luce delle candele hanno accompagnato l’imperatore e le manifestazioni del divino.
Nell’esperienza religiosa il fumo dell’incenso materializza la preghiera innalzata a Dio, stimola il senso dell’olfatto, intimamente legato al respiro: avvicina il divino e ne rende percepibile la presenza. Mescolati in sapienti sinestesie, profumi, luce e canto riescono a manipolare gli stati d’animo e la percezione dei fedeli, che avvertono sullo sfondo il vuoto da cui proviene la lettera del significato, per comprendere al di là delle parole.
Essenze e pneuma, il respiro, avvicinano a Dio, così come avviene con l’ascolto: il Verbo è suono nella tradizione semitica veterotestamentaria.

In tutto questo, l’immagine, il visibile, il senso della vista, cadono in secondo piano, sono quasi irrilevanti.
La visione riemerge solo nello stato contemplativo, una volta esplorati i territori del suono e dell’odore: nella sospensione del tempo che sopravviene alle percezioni acustiche e olfattive, la vista fissa l’idea atemporale dell’essenza: dalla percezione spirituale della fragranza, come da un’unzione sacra si viene accolti nel reame della percezione uditiva – asemantica – della melodia.
Solamente se la vista arriva per ultima, essa non può imporsi come avviene nella tradizione greco latina della percezione del divino tramite la vista: qui lo sguardo rende oggetto la realtà, ne rende possibile il possesso, la rapina, la manipolazione egocentrata. Anche il divino allora diviene oggetto, diviene cosa fra le cose, si congela in forma, in materia. L’occhio tende a possedere la verità e spersonalizza il rapporto con l’altro da sé.

Quando si scruta con gli occhi si cerca di possedere la personalità dell’altro, non si costruisce una fraternità, che può nascere soltanto da un ascolto umile, che pone lo sguardo verso il basso, in atteggiamento di accoglienza. Per questo prediligo applicare ai piedi una manualità mossa dall’udito, anziché dalla vista.

L’approccio fondato sullo sguardo è quello della tradizione greco latina, l’approccio basato sull’ascolto è quello della tradizione biblica, dove il Verbo è suono.
Nell’impostazione semitica la conoscenza dell’oggetto di interesse ha come modello la conoscenza interpersonale che rispetta il soggetto e non lo assimila a oggetto da esplorare e possedere.
Nella situazione odierna, l’educazione è tutta di tipo occidentale, visivo: l’apprendimento è stato fondato sull’occhio e sulla ragione, quindi sulla competizione e sulla sopraffazione, piuttosto che sull’ascolto.

Queste differenze di approccio, applicate al setting di un trattamento di riflessologia plantare, producono, con l’approccio uditivo di ascolto: sintonia, armonia, pace che acquieta, con efficacia sacramentale. Con l’approccio visivo: senso di estraneità, di lontananza, di esilio.
Utilizzare le mani come veicolo di ascolto consente la via dell’interiorità e della coscienza, che è un tempio in cui dimora il divino.
Infine, la domanda che un mio trattamento uditivo ai piedi sollecita al ricevente è: “quanto credito merita il mio personale sentire?”.




Roberto Ellero
Operatore olistico di riflessologia plantare taoista musicale. L'esperienza di vita è unica, individuale. Ma d'altra parte si usa parlare di metodi di riflessologia plantare. Per praticità, definisco il mio rapporto col piede come metodo di riflessologia plantare musicale. Coincide col mio dharma. Esso deriva dall’integrazione interiore alchemica di vari strumenti di indagine, con cui ho ampliato la mia coscienza e sensibilità, ne riporto alcuni: la pratica esecutiva e di ascolto nella musica colta occidentale, studi letterari e filosofici, l’utilizzo autoriale del Web e della multimedialità per approfondire le sinestesie, la pratica del tango argentino, la pratica devozionale tantrica di mano destra Guru Yoga nel buddhismo tibetano Karma Kagyu, la pratica tantrica di mano sinistra del trattamento taoista del piede. E' un metodo, ma funziona solo con le mie mani.