Continuo con le mie brevi favole, il modo più semplice e immediato per far intuire i tanti aspetti che nel tempo formano la sostanza di un operatore olistico, al di là delle tecniche. Questa volta il centro non sono i piedi, ma la logistica dell’abitare e del sentimento.
La sua vita era un intreccio di tre città: la quieta cittadina natale, dove l’infanzia aveva lasciato tracce indelebili; la frenetica metropoli, dove lavorava in una biblioteca polverosa; e la romantica città costiera, dove l’amore aveva trovato la sua dimora. Ciascuna di esse era un universo a sé stante, con i suoi ritmi, i suoi odori, le sue atmosfere. Non sospettava minimamente che esse celassero un segreto così profondo.
Un giorno, sfogliando un antico manoscritto, trovò una frase che lo colpì profondamente: “In ogni luogo, anche il più umile, risiede una luce, un faro che guida l’anima verso la sua destinazione”.
Iniziò a osservare le tre città con occhi nuovi. Nella città natale, scoprì una piccola cappella nascosta in un vicolo, un luogo di culto che gli antenati avevano frequentato per secoli. In quella cappella, avvertì una luce soffusa avvolgerlo, una presenza benevola che lo guidava. Nella metropoli, in un vecchio quartiere, scoprì una chiesa gotica, un edificio maestoso e misterioso. Qui, una luce intensa, come un faro nella notte, gli indicò la strada verso una conoscenza superiore. E nella città costiera, su una scogliera a picco sul mare, visitò un eremo, un luogo di solitudine e di contemplazione. Qui, una luce tenue, ma penetrante, lo metteva in connessione con la forza vitale dell’universo.
Ciascuna di queste luci era un’entità a sé stante, un essere di pura energia che lo guidava nel suo percorso spirituale. La prima, la luce dolce e familiare della città natale, insegnava l’importanza delle radici. La seconda, la luce intensa e brillante della metropoli, apriva le porte della conoscenza e della saggezza. E la terza, la luce tenue e costante della città costiera, connetteva con la natura e donava un senso di pace interiore.
Tre erano state anche le donne della sua vita, come tre lune, ciascuna con un proprio chiarore, ciascuna a illuminare un angolo diverso del suo animo. La prima, una donna dalla risata squillante e dagli occhi neri come la notte, lo aveva travolto in un vortice di passioni, promettendogli un amore assoluto e senza limiti. Ma il loro amore, come un fuoco di paglia, si era presto esaurito, lasciandolo nel buio.
La seconda, più dolce e materna, lo aveva accolto nel suo nido, offrendogli un rifugio sicuro. Ma la sua presenza, soffocante e opprimente, lo aveva fatto sentire prigioniero di un passato che non riusciva a superare.
La terza, infine, era stata una donna fuggitiva e irraggiungibile, come una luna piena che illumina la notte senza mai svelare i suoi segreti. Con lei aveva sperato di trovare un’anima gemella, qualcuno che lo capisse senza bisogno di parole. Ma anche questo amore era naufragato, lasciandolo solo e smarrito.
In ciascuna delle tre donne aveva cercato un rifugio, un senso, una risposta alle domande che lo tormentavano da sempre. Ma invano. Era come se le loro immagini si sovrapponessero, confondendosi con quella della madre, una figura materna assente, fredda e distante.
Un giorno, mentre passeggiava per le campagne, si imbatté in una piccola chiesetta. Entrò e si sedette in un banco di legno. Di fronte a lui, una statua della Madonna, dai lineamenti dolci e sereni. Si avvicinò alla statua e posò le mani sulle ginocchia fredde. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sulla sua respirazione. In quel momento, gli sembrò di sentire una voce, sottile eppure potente, che gli sussurrava all’orecchio. Era la voce della madre, ma non era più quella voce fredda e distante che ricordava. Era una voce piena di amore e di perdono. Aprì gli occhi e si accorse che la statua aveva cambiato espressione. I suoi occhi, un tempo rivolti verso l’alto, ora sembravano guardarlo direttamente, con un’espressione di infinita compassione. E sulla sua guancia, una lacrima di pietra luccicava alla luce della candela. In quella lacrima, vide riflessa la sua sofferenza, il suo dolore, ma vide anche la speranza di una redenzione. Capì allora che poteva trovare la pace solo in se stesso, riconciliandosi con il proprio passato. Col passare del tempo, si rese conto di possedere facoltà soprannaturali. Poteva guarire le persone con un semplice tocco, poteva prevedere il futuro e comunicare con gli spiriti, essere un ponte tra il mondo visibile e quello invisibile, grazie ai tre luoghi e alle tre ispiratrici che lo avevano formato.